01 Maggio 2024

Tra le principali causa della perdita di biodiversità, in Italia e nel mondo, ci sono le cosiddette "specie esotiche invasive”: animali e piante (ma anche funghi o microorganismi) originari di determinate regioni geografiche, introdotti in territori diversi e che hanno sviluppato la capacità di costituire e mantenere popolazioni vitali allo stato selvatico, insediandosi con tanto successo da rappresentare una vera e propria minaccia.

Ogni specie esistente presenta, infatti, un’area di distribuzione originaria più o meno ampia, legata alle sue caratteristiche ecologiche, alla sua storia evolutiva e alla possibilità o meno che ha avuto di raggiungere, nel corso del tempo, una determinata zona.

Questo "areale di distribuzione" è alla base della classificazione delle specie in autoctone e alloctone. Le prime sono quelle originarie di una determinata area geografica, risultano quindi ben adattate a quelle condizioni ecologiche e integrate con l’ambiente e le altre specie presenti. Quelle alloctone, invece, si trovano in un determinato territorio perché trasportate (volontariamente o meno) dall’uomo.

 

Dall’introduzione all’invasione

Non tutte le specie alloctone sono invasive, cioè dannose, e anzi di norma solo una piccola percentuale delle specie che arrivano in un dato territorio è in grado di provocare problemi. Di tutte le specie che, quotidianamente, vengono trasportate in nuove aree geografiche, infatti, solo una parte riesce a sopravvivere nel nuovo ambiente; una parte ancora più piccola diventa una esotica naturalizzata, cioè, è in grado di riprodursi autonomamente (senza l’intervento dell’uomo) nel nuovo territorio; una porzione ancora più piccola, infine, può diventare invasiva e costituire una minaccia.

Nel nuovo ambiente, infatti, questi individui (ma anche semplicemente parti di individui o strutture riproduttive, come semi, propaguli o uova) possono essere avvantaggiati dall’assenza di predatori o parassiti specifici, oppure approfittare della scarsa competitività delle specie già presenti a causa del disturbo antropico o della presenza di habitat già compromessi. In queste condizioni, tali specie possono divenire delle esotiche invasive (le così dette IAS – Invasive Alien Species).

 

Cause e conseguenze delle invasioni biologiche

Le introduzioni di nuove specie sono spesso intenzionali e dovute al loro insediamento in natura per i motivi più svariati (alimentare, venatorio, ornamentale, per rimboschimenti, ecc.), ma possono anche essere legate al trasporto involontario sulle navi o attraverso lo spostamento di materiali e containers, o derivanti dalla fuga di animali e piante da ambienti chiusi o controllati.

Le invasioni biologiche rappresentano oggi una delle principali minacce alla biodiversità e ai servizi ecosistemici correlati, in grado di colpire tutti gli ecosistemi, dalle aree naturali protette agli ambienti maggiormente trasformati dall’uomo, alterando lo stato degli habitat e degli ecosistemi naturali, e provocando ingenti danni economici ad attività produttive quali l’agricoltura e lo sfruttamento di risorse silvo-pastorali.

I meccanismi tramite i quali queste specie interferiscono con l’ambiente locale includono, ad esempio, la predazione o la competizione diretta con le specie autoctone, l’alterazione del ciclo dei nutrienti e dell’acqua o, nel caso di parassiti e malattie delle colture, il danneggiamento delle derrate, con conseguenti ingenti danni economici.

 

La legislazione europea e italiana

In Europa sono presenti circa 12.000 specie esotiche, delle quali approssimativamente il 10-15% è ritenuto invasivo; di queste si occupa il Regolamento (UE) n. 1143/2014, allo scopo di proteggere la biodiversità e i servizi ecosistemici e per minimizzare o mitigare l’impatto che queste specie potrebbero avere sulla salute umana o sull’economia.

In linea con tutte le principali convenzioni internazionali in materia di tutela della biodiversità e con la Strategia Nazionale per la Biodiversità, l’Italia opera attivamente per prevenire la diffusione di specie esotiche invasive e per controllare o eradicare quelle già presenti sul nostro territorio.

Fino ad oggi sono state pubblicate sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea quattro liste di specie vegetali e animali di rilevanza unionale e che complessivamente costituiscono un elenco di 88 specie di cui 47 già presenti in Italia in ambiente naturale.

 

Le specie esotiche di rilevanza unionale

Tra le specie vegetali elencate nella lista dell’UE troviamo, ad esempio, l’ailanto (Ailanthus altissima), molto frequente in tutta Italia, in grado di causare danni a edifici e strutture archeologiche, ma anche di interferire con la vegetazione naturale a causa della sua capacità di originare formazioni monospecifiche e di inibire la crescita di altre piante.

Introdotto a scopo ornamentale è, invece, il giacinto d’acqua (Pontederia crassipes), originario del Sud America e presente in numerose regioni italiane, anche se ancora in forma localizzata. Considerata una delle specie acquatiche più invasive in assoluto, oltre a competere attivamente con le altre specie, è in grado di favorire la diffusione di altri organismi, come la testuggine americana, che si nutre proprio del giacinto d’acqua. Costituisce, inoltre, una minaccia per l’agricoltura, in quanto può causare danni agli impianti e canali di irrigazione e ai macchinari per la raccolta.

Il panace di Mantegazza (Heracleum mantegazzianum), presente allo stato attuale solo in alcune regioni del nord Italia, rappresenta, invece, un pericolo sanitario per l’uomo in quanto produce una tossina che, con l’esposizione ai raggi solari, provoca forti dermatiti e può causare anche danni permanenti.

Tra i mammiferi, le specie invasive più comuni nel nostro Paese sono sicuramente la nutria (Myocastor coypus) e lo scoiattolo grigio (Sciurus carolinensis), due roditori provenienti dal continente americano e introdotti, rispettivamente, per l’allevamento come animale da pelliccia e come “ornamentale”; nel continente europeo si sono dimostrate estremamente competitive con le specie autoctone, minacciandone la sopravvivenza.

Oltre a vegetali e mammiferi, la lista riporta poi uccelli (come l’ibis sacro), rettili (testuggine palustre americana), anfibi, pesci (pesce gatto nero, gambusie) e invertebrati (ad esempio, diverse specie di gamberi di origine americana).

 

Nonostante quello delle invasioni biologiche sia un problema esteso e, spesso, non direttamente dipendente dal comportamento del singolo, alcune azioni volontarie o semplici leggerezze possono causare la liberazione in natura di specie potenzialmente invasive. È essenziale, quindi, quando si ha a che fare con animali o piante esotiche, applicare determinati codici di condotta e buone pratiche, come quelle disponibili sul portale ISPRA dedicato alle specie invasive.

 

Per approfondire

Home (isprambiente.it)
Specie esotiche invasive | EFSA (europa.eu)
Invasive Alien Species | IUCN
Invasive alien species - European Commission (europa.eu)
Biotic invasions: causes, epidemiology, global consequences and control - Mack - 2000 - Ecological Applications - Wiley Online Library

 

Fonte: MASE

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