14 Dicembre 2023

Lo scorso 11 dicembre la IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) ha presentato alla COP28, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici tenutasi a Dubai dal 30 novembre al 12 dicembre, l’aggiornamento della Lista Rossa delle Specie Minacciate.

Si tratta di una banca dati di interesse globale che racchiude i criteri e le informazioni sul rischio di estinzione applicabili a tutte le specie viventi (ad eccezione dei microorganismi) e costituisce, quindi, uno standard utilizzato in tutto il mondo per la valutazione dello stato di conservazione della biodiversità.

Ad oggi, la Lista Rossa IUCN conta 157.190 specie, di cui oltre 44.000 sono considerate a rischio di estinzione!

L’aggiornamento attuale sottolinea il legame inscindibile tra cambiamento climatico e conservazione della biodiversità, evidenziando la necessità di affrontare congiuntamente la loro gestione: “Il declino delle specie – sottolinea Grethel Aguilar, direttore generale IUCN – è un esempio del caos provocato dal cambiamento climatico, che abbiamo il potere di fermare con un'azione urgente e ambiziosa per mantenere il riscaldamento al di sotto di 1,5 gradi Celsius".

Tra gli organismi più sensibili al cambiamento climatico rientrano i pesci d’acqua dolce, minacciati dalle variazioni dei livelli idrici, la risalita dell’acqua salata lungo i corsi d’acqua e le alterazioni nei cicli delle stagioni. I dati raccolti dalla IUCN evidenziano come il 25% circa delle specie ittiche valutate siano a rischio di estinzione e, nel 17% dei casi, come tale rischio sembri legato proprio ai cambiamenti climatici.

Il cambiamento climatico sembra essere la causa del peggioramento dello stato di conservazione di numerose altre specie, tra cui, ad esempio, il salmone atlantico (Salmo salar), che subisce gli effetti delle alterazioni nello sviluppo dei giovani individui, la riduzione della disponibilità di prede e la competizione con specie esotiche invasive favorita dalle variazioni nelle condizioni ambientali.

Anche le popolazioni di tartarughe verdi (Chelonia mydas) del Pacifico hanno visto una riduzione: le temperature più alte determinano un minore successo nella schiusa delle uova, le variazioni nel livello del mare danneggiano i nidi e il riscaldamento degli oceani riduce la disponibilità dei vegetali di cui si nutrono.

Questi fattori si sommano alle altre cause di perdita della biodiversità – sia naturali ma, soprattutto e sempre più di frequente, antropiche – come la frammentazione, distruzione e perdita di habitat, l’inquinamento, le invasioni di specie esotiche e l’eccessivo prelievo in natura.

L’aggiornamento include, fortunatamente, anche alcune buone notizie, come il miglioramento dello stato di conservazione di due antilopi, la prima africana e la seconda asiatica: l’orice bianco (Oryx dammah), reintrodotto dopo essere stato dichiarato estinto in natura negli anni ’90, e la saiga (Saiga tatarica), la cui popolazione è cresciuta del 1.100% tra il 2015 e il 2022.

Questi successi, raggiunti grazie agli sforzi di conservazione e all’attuazione di misure antibracconaggio, sono la prova che gli strumenti per agire esistono e devono essere impiegati per raggiungere l’obiettivo prioritario di salvaguardare la biodiversità per la generazione attuale e per quelle future.

 

Per approfondire:

IUCN | Unione Mondiale per la Conservazione della Natura | Comitato Italiano
Freshwater fish highlight escalating climate impacts on species - IUCN Red List - Press release | IUCN

 

Fonte: IUCN

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